Renault Rafale e Kia Niro,
delle scelte e del destino
o il contrario?
Troppa gente ronza intorno alle mie foto, da tempo ho chiuso instagram così non posso vedere la nuova storia.
Ho poco fa terminato di scrivere ’sta filippica.
Non ho idea dove pubblicarla.
Credo il posto più adatto potrebbe essere nel book delle foto di Kia Niro.
Uno dei tanti in giro.
Belle foto scattai con quella vettura.
Poi, loro – Kia – spariti.
Ma la gente copia lo stile.
Stellantis per primi, giusto oggi con le foto del comunicato per Aircross.
del Kismet.
In qualche idioma o lingua da qualche parte nel mondo lo chiamano così.
Mi pare sia arabo o da quelle parti, non so e non mi dò pena di andare a verificare.
Puntiglioso, sì, forse ma fino ad un certo punto.
Mi stimo: sono un Uomo intelligente.
Il giorno è di 86.400 secondi.
Un numero che ho citato nelle mia pagine un’infinità di volte.
Nella mia vita ho creduto al destino, al kismet, al fato, alla ineluttabilità del trascorrere del tempo.
Ho fatto però scelte.
Le ho fatte io.
Il destino può avermi posto dei bivi, delle opportunità, delle strade da percorrere, delle persone alle quali affidare la mia persona, la mia anima, la mia mente, il mio cuore.
Ma ho scelto io cosa e come fare.
Non è colpa del destino.
Il kismet m’ha messo davanti “situazioni” a me, dopo, capire e scegliere seguendo, istinto, intuito, logica, interesse.
Mai prima della scelta ho potuto sapere e – o – conoscere il futuro, i fatti che seguendo una scelta sarebbero accaduti.
Mai ho conosciuto a fondo una persona incontrata.
Perché le persone che si incontrano a loro volta fanno delle scelte.
E nel corso del tempo che passa, loro come me, sono obbligate a fare scelte che inevitabilmente portano a mutazioni.
Così una mia scelta in funzione di un quadro immaginato può rilevarsi mio malgrado, col tempo, una scelta non immaginabile nel momento della scelta.
La complessità del vivere e della vita credo sia stata studiata da gente più competente di me.
Anche loro avranno fatto scelte.
Scelte che con opinabili pensieri e studi orientano in modo significativo le scelte delle persone.
Sono una mente che mette in discussoione tutto, anche il mio respiro.
In Febbraio del 2025 una notte insopportabile come tante di questa quarta vita e delle precedenti ho deciso che fosse inutile restare nella cuccia.
Mi sono alzato.
Forse l’una di notte?
Ho tergiversato. Prima variabile.
Ho fatto una doccia per circa venti minuti. Seconda variabile.
Ho scelto le attrezzature da portare per fotografare. Terza variabile.
Ho cambiato idea ed ho posato alcuni obiettivi. Quarta variabile.
omissis
altrimenti visto che ricordo bene
qui si arriva oltre le calende greche.
Ho scelto di fare il GRA invece di attraversare la città.
Ho rallentato quando ho visto la Luna sorgere all’orizzonte.
Ho accelerato fino a velocità di decollo per fare presto ed entrare in A24.
Ho deciso una certa velocità per ascoltare musica senza rompermi i timpani.
Ho fatto rifornimento appena passato il confine tra Lazio ed Abruzzo.
Ho indugiato in Autogrill dopo il caffè per cercare la cioccolata che preferisco, quella al latte.
Ho fatto delle fotografie dell’abitacolo a calduccio dell’aria condizionata.
Ho fatto rifornimento, non mi piace veder lampeggiare il segnale di riserva quando ho, invece, deciso di tirarla alle lunghe.
E sui set, Estate o Inverno, non spengo MAI il motore.
Con buona pace dell’ambiente.
Sta-a-rompe-er-cazzo-a-me: pensa ad India e Cina, va’…
Ho cambiato velocità per assecondare certi pensieri di quelle settimane.
Ho percorso la strada in salita per raggiungere il set scelto a bassa velocità per godere delle nebbie in costa di montagna ed i colori che i fari della Kia scoprivano curva dopo curva.
Parcheggio.
Preparo le Nikon.
Scatto delle foto di prova per controllare i numeri dei valori di esposione per la luce della Luna e delle stelle senza dimenticare i fari dei gruppi ottici posteriori.
Argomento principe della foto in quel posto, a quell’ora, in quel giorno.
Non un altro giorno, non un’altra ora.
Quell’istante lì.
Uno o più degli 86.400 secondi della giornata appena iniziata.
Notte fonda.
La Luna è ancora bassa appena sopra le vette di un pezzo d’Appennino.
Mi piace fotografare il cielo di notte.
Si vede un pezzo di Via Lattea, un pezzo del Centro Galattico.
Sono in un cuneo tra i fianchi di monti che portano alla Piana di Campo Felice.
Lo conosco bene.
In quel prato ho fotografato tre o quattro automobili.
Di giorno.
Di notte.
All’alba.
Al crepuscolo.
D’Estate.
D’Inverno.
In Primavera.
In Autunno.
Alzo gli occhi al cielo.
La valle è strettissima.
Un arco di forse 30 gradi di cielo sopra di me.
So da quale parte guardare per cercare le stelle della MilkyWay.

Kismet.
Senza
parole.
NON E’ UNA BANALE METEORA
Ho approfondito dopo cosa è successo.
Ed ho avuto conferma del destino.
Del destino che mi portasse a vedere quel che ho visto.
E che mai capiterà io possa vedere ancora.
E di questo ho certezza perché mi sono rotto il cazzo di andar per foto di notte.
O fa freddo o fa caldo.
E non c’è clic che ne valga la pena.
Così.
Da tre anni mi chiedo alcune cose, cosa c’è dietro quelle mie fotografie.
Perché quella mail venne siglata da una frase
che mi ha accompagnato per tre anni ed ho avuto timore di inseguire.
Perché le ho volute.
Perché le ho inseguite.
Perché c’è stata complicità ed accettazione.
Perché in quei quasi quattromila scatti della vettura vedo quel che vedo.
Perché oggi ben prima del post ho scritto questo.
Perché… la domanda classica della ingenuità infantile che cerca conferme negli adulti immaginando gli adulti detentori di sapere e saggezza.
Voglio essere in errore.
Ne ho fatti tanti di errori, uno più uno meno.
E non scrivo di automobili.

Nella foto in pagina:
l’oggetto ma l’oggetto visto non è quel che la Nikon ha ripreso.
Quel che ho visto solo la mia mente ora può saperlo.
A meno di non curiosare tra queste ed altre pagine.
Ma potrebbe non essere una buona idea.